Radio Monte Grappa: musica e memorie
Memorie di Claudio Baroni, operatore radiofonico. Pubblicato da www.musicaememoria.com
TESTIMONIANZA DI CLAUDIO BARONI
La nascita di Radio Riviera Brenta
«Nel 1976 in occasione del mio 14° compleanno (era la fine di settembre) mio padre mi regalò una radio color arancione che riceveva l’AM e l’FM; è stata la mia prima “porta” verso il mondo. Ho iniziato così a scoprire la musica, a tutte le ore e di tutti i generi; ho scoperto che ogni giorno o quasi una nuova radio nasceva e, sempre più spesso, più vicine a dove abitavo io. Qualche settimana dopo (con grandi sacrifici da parte sua), mio padre mi comprò laVespa 50 (un mito). Unire le due cose fu matematico. Proprio in quei giorni aveva aperto una radio libera (allora venivano chiamate così) nel mio paese, così, insieme ad un amico decidemmo di andare a vederla.
Si chiamava Radio Riviera Brenta, con sede a Fontaniva (PD). Pochi chilometri e nel garage del proprietario ci fu mostrato dallo stesso lo “studio” di trasmissione: uno stanzino senza porte o finestre (uno sgabuzzino in allestimento) con due pile di mattoni su cui poggiava una tavola di legno e sulla quale c’era il necessario per “fare radio”. Ricordo due giradischi Lenco, un registratore Geloso, un microfono (del registratore Geloso), un mixer a tre vie (per i piatti e per il registratore), un potenziometro per aprire e chiudere il microfono ed altra strumentazione posta sotto alla tavola, tra i mattoni, il trasmettitore ed una radio per ricevere il segnale sui 104.100. La potenza di trasmissione era di 4 watt, che permettevano una copertura di circa 15-20 Km di diametro dal punto di emissione.
L’avvio delle trasmissioni:
Io ed il mio amico, emozionati ed incoscienti, abbiamo chiesto come fare per potere trasmettere, essere “speaker” (il termine D.J. non lo conoscevamo). Ricordo ancora la risposta: “Avete dei dischi? Che ore avete libere?” Due giorni dopo ero dietro al microfono con lo pseudonimo “Alan” (preso in prestito dal fumetto che tuttora leggo Alan Ford). Dopo alcune settimane il trasferimento di sede (il garage serviva al titolare e lo sgabuzzino alla moglie); fu riadattato un vecchio pollaio del padre del titolare; fummo noi a farlo materialmente con scope, pale, pennelli e mattoni ecc., montata la nuova antenna e potenza aumentata 200 watt (40-50 Km l’area di copertura). I primi spot pubblicitari li leggevamo in diretta, il titolare li registrava da casa dal suo radio-registratore portandoci poi le cassette da utilizzare per le messe in onda successive. Io conducevo il programma “Dediche e Richieste” alla sera tre volte a settimana; il problema era che….non avevamo mai avuto un telefono! Così una signora si prestava a ricevere al suo telefono privato le richieste ed a trascriverle su foglietti…..la signora abitava a 2 Km e toccava a noi fare la spola in continuazione. All’epoca c’erano pochi telefoni privati, specialmente fuori dai grandi centri urbani, così toccava arrangiarsi.
Il passaggio alla professione:
Il passo successivo fu quello di partecipare a qualche concorso per speaker indetto da radio più grandi o presentarsi alle stesse chiedendo di poter trasmettere da loro. Passai così a Radio 80 a S.Giorgio in Bosco (PD).La prima esperienza televisiva a TeleSangiorgese, collegata a Radio 80 con Videodediche. Radio Montegrappa di Rosà (VI), poi all’Emittente Regionale Veneta di Marostica (VI), Canale 98 a Carmignano di Brenta (PD) prima, Cittadella (PD) poi, solo per citare le prime. Era facile trovare spazio in una radio, nascevano come i funghi, ogni “campanile” ne aveva una o più.
Passato il boom, cominciavano i primi problemi economici per le radio, erano troppe e la pubblicità, unica, o quasi, fonte di sostentamento scarseggiava.
Stavano infatti nascendo le prime agenzie di raccolta pubblicitaria che logicamente si appoggiavano alle radio più solide. Venivano spenti i segnali e morivano così molte “piccole”. Verso la metà-fine anni 80 una legge che regolamentava la gestione delle frequenze di trasmissione creò, involontariamente, l’unico momento nella storia della radiofonia privata italiana, di consapevolezza della forza che le radio avevano e di spirito di corpo. Furono realizzati dei collegamenti tra tutte (o quasi) le radio d’Italia dove ognuna di esse aveva a disposizione per 2-3 minuti le frequenze di tutte le altre per dire la sua, ritrasmettendo gli interventi in diretta delle altre.
Io fui scelto per dar voce a Canale 98; questo avvenimento durò circa due giorni in diretta, poi seguirono raccolte di firme per bloccare questa legge. Finì come sappiamo. Diminuiva il numero di radio e si andava sempre più verso la specializzazione, finivano i tempi del volontariato, delle corse ai ripetitori che qualcuno ti aveva fatto saltare per aria o bruciato. Si cominciavano ad usare il lettore CD, il computer, bastavano meno persone in una radio; chi voleva iniziare si trovava davanti a difficoltà incredibili da superare (se ci riusciva), molti amici e colleghi avevano lasciato il settore o si apprestavano a farlo. La “magia” dei primi anni stava finendo, per lasciare il posto alla realtà di oggi.
La radio oggi
Io ho “tenuto duro” e, dopo aver collaborato con Radio Birikina e Radio Bella e Monella di Castelfranco Veneto (TV), nel 1998 il titolare delle stesse mi chiese di diventare direttore di una nuova radio che aveva intenzione di aprire, fu così che partì Radio SorRriso (con 3 erre), una radio che suonava 24 ore al giorno musica da ballo delle orchestre italiane (da Casadei a Bagutti ecc.); ne ho gestito la direzione artistica fino alla primavera del 2003, poi, divergenze d’opinione col titolare, ho lasciato (credevo per sempre) le trasmissioni e la radio stessa.
Pausa di riflessione di due anni (quasi) ed un giorno arriva la telefonata del mio attuale datore di lavoro dove mi si proponeva, vista l’esperienza maturata, di far nascere una nuova emittente; trovato i relativi punti d’incontro, dal 27 dicembre 2004 ogni mattina mi alzo alle 6, faccio 45 km e arrivo a Padova dove ora sono direttore di una radio (Radio Mamamia), che cura la musica degli anni ’60, ’70 e ballabili delle orchestre popolari. A casa conservo ancora, come cimeli, gli adesivi delle radio in cui ho trasmesso; ogni tanto racconto ai miei tre figli le avventure vissute, sperando possano un giorno raccogliere il testimone. Tra gli “addetti ai lavori” vedo sempre più spegnersi quella luce che ci brillava negli occhi allora.
Spero di poter essere testimone quando la radio arriverà alla sua destinazione definitiva.»
Claudio Baroni